Un grande classico, che negli appuntamenti tra wargamers non manca mai, è il Nord Africa e la griglia di quest’anno, non solo non tradisce questa tradizione, ma ci regala pure un bel confronto tra due titoli creati dallo stesso autore, l’uno a trentadue anni di distanza dall’altro. L’autore in questione è Mark Simonitch e i giochi sono l’ormai mitico The Legend Begins: North Africa, 1940-42, e il recentissimo North Africa ’41.
Al nostro Raduno verranno intavolati entrambi e già pregusto le considerazioni che fioriranno attorno ai tavoli nel corso delle partite…
The Legend Begins vide le stampe nel 1991, pubblicato da Rhino Game Company che ne fece due edizioni. Una terza Deluxe, quella che troveremo a Bracciano, venne pubblicata da Terran Games e, a differenza delle prime due, che coprivano solo il 1941, forniva ulteriori scenari, estendendo il periodo dal 1940 al ’42, comprensivo anche dell’opzione di giocare l’intera campagna.
Con North Africa ’41, appena edito da GMT Games, Simonitch torna alle origini, riportando il gioco al solo ’41, dalla prima offensiva di Rommel di fine marzo, sino alla fine dell’anno. Entrambi i giochi sono operazionali, con le unità a rappresentare battaglioni e reggimenti, ma mentre in The Legend Begins alcune altre unità figurano come divisioni, in North Africa ’41 le vedremo espresse in brigate.
La scala temporale vede per entrambe due settimane per turno, ma in North Africa ’41 ogni turno è ulteriormente suddiviso in due o tre impulsi, ognuno dei quali rappresenta dai 3 ai 7 giorni.
Chiaramente, al di là degli aggiustamenti della scala temporale e del taglio delle unità rappresentate, North Africa ’41 costituisce il frutto di una profonda revisione dell’illustre e premiato predecessore, e non poteva essere altrimenti, viste le tre decadi che dividono le due produzioni. Quindi, pur ripartendo da quel regolamento, l’autore descrive questo lavoro come un autentico rifacimento dell’opera, a partire dalle fonti e dalle mappe, avendo potuto attingere a risorse la cui disponibilità era impensabile trent’anni prima. Sebbene non vi siano stati stravolgimenti, a testimonianza della validità del vecchio titolo, nel nuovo ne sono comunque usciti una mappa e un ordine di battaglia reputati di qualità superiore, maggiormente aderenti alle condizioni da riprodurre. Ad esempio, esaminando le vecchie mappe italiane della Cirenaica, si vedono vaste distese di aree vuote, dove non sono presenti informazioni dettagliate su cosa ci fosse. Così, dato che nessuna delle due parti ha spostato le unità in quelle aree, nel gioco sono state rese quasi ingiocabili.
Anche l’approccio alla revisione del regolamento è stato improntato alla semplificazione e alla pulizia nel flusso di gioco, utilizzando molte delle idee sviluppate in Stalingrado ’43, Olanda ’44 e Salerno ’43. Pertanto il nuovo regolamento risulta inquadrato nel sistema 19XX, con i dovuti distinguo imposti dal contesto rappresentato. Ad esempio non sono previste le ZOC Bond e solo le ZOC delle unità motorizzate fermano il movimento nemico. Inoltre le unità non motorizzate pagano +2 MP per uscire da ciascuna ZOC di quelle motorizzate.
Un accento particolare ovviamente è stato posto sulla logistica, enfatizzandone le enormi difficoltà causate da situazioni al di fuori del controllo dei comandi delle forze sul campo. Vi sono tabelle eventi da cui dipenderà l’arrivo di rinforzi o rifornimenti, a ricreare la perdurante incertezza che, specie nel fronte italo-tedesco, affliggeva ogni pianificazione. Anche il trasporto navale è trattato in modo dettagliato e va gestito con molta attenzione.
In generale l’impressione che dà questo nuovo North Africa ’41 è quella di essere stato particolarmente curato per trasmettere il senso di angoscia e le trepidazioni che accompagnavano la preparazione di un’azione offensiva in quelle difficili circostanze, articolandone nel dettaglio i fattori d’incertezza e andando così ben oltre l’estrazione dei chit d’attivazione di The Legend Begins.
Riguardo agli scenari, The Legend Begins comprende tutta la campagna in Libia ed Egitto, a partire da settembre ’40, con la prima incursione italiana in Egitto, seguita dall’operazione Compass; il successivo ingresso di Rommel e l’operazione Crusader; la risposta di Rommel; Gazala ed infine El Alamein nel 42. North Africa ’41, invece, dell’intera campagna ne ritaglia ciò che avvenne dall’ingresso di Rommel nel marzo del ’41, sino all’operazione Crusader terminata nel dicembre ’41.
Chissà che alla GMT non siano già previste espansioni….
Dunque quest’ultima versione del gioco parte all’indomani della grave disfatta del regio esercito, che nel giro di poco più di tre mesi, si trovò ricacciato fuori dalla Cirenaica e col morale a pezzi, dopo che aveva ottenuto alcuni successi importanti che li avevano condotti il 13 settembre a oltrepassare il confine tra Libia ed Egitto e a stabilire, il 16 settembre 1940, la linea del fronte a Sidi Barrani, in territorio egiziano.
Durante quel periodo le forze di Rommel attraversarono la Cirenaica e raggiunsero la frontiera egiziana. Tuttavia, non riuscì a conquistare il porto critico di Tobruk, difeso dagli ostinati australiani. Con carri armati superiori, dottrina delle armi combinate e cannoni Flak da 88 mm (usati come armi anticarro) le forze dell’Asse respinsero con successo due contrattacchi da est, quelli condotti nelle operazioni Brevity e Battleaxe. Più tardi nel corso dell’anno, prima che Rommel potesse sferrare l’assalto pianificato contro Tobruk, gli Alleati lanciarono l’operazione Crusader e ricacciarono le forze dell’Asse alle loro posizioni di partenza a El Agheila.
Dunque tutto inizia con l’operazione Compass, lanciata dal generale O’ Connor il 9 dicembre 1940. Le forze meccanizzate britanniche della Western Desert Force, costituita dalla mobilissima 7ᵃ Divisione Corazzata, i noti Desert Rats, affiancati da una Divisione anglo-indiana, travolgono lo schieramento italiano così rapidamente, da riprendersi
Sidi Barrani il 12 dicembre, facendo pure 38000 prigionieri; la piazzaforte Bardia il 5 gennaio 1941, conquistata da una appena arrivata Divisione australiana, in sostituzione di quella anglo-indiana, che poco dopo, avanzando lungo il percorso costiero, prese anche Tobruk, dove furono catturati altri 30.000 soldati italiani e 236 cannoni.
Di lì in poi costituirono un’autentica spina nel fianco per tutto il 1941, diventando quasi un ossessione per Rommel, a cui opposero un’ostinata difesa a due assalti e a un prolungato assedio durato tutto l’anno, mantenendo la posizione fino alla fine dell’operazione Crusader, che a quell’assedio pose fine.
Invece la fuga a piedi del generale Bergonzoli dalla caduta piazzaforte di Bardia, riassume bene il quadro della situazione che si stava profilando nelle fila italiane
Persa Tobruk, infatti, gli eventi iniziarono a precipitare. Le ultime difese approntate con il reparto corazzato “Babini” della 10ᵃ Armata, dal generale Graziani, per tenere le posizioni in Cirenaica, caddero dopo una serie di violenti combattimenti iniziati il 24 gennaio, nella famosa battaglia di El Mechili.
Ripiegando verso la costa gli italiani lasciarono scoperta la via del deserto verso il golfo della Sirte, attraverso la quale avanzarono subito con grande rapidità le mobilissime colonne meccanizzate britanniche.
Il 1º febbraio 1941 le residue truppe italiane della 10ª Armata, passate al comando del generale Giuseppe Tellera, iniziarono la ritirata generale lungo la strada costiera e il 3 febbraio 1941 O’Connor dette inizio all’ultima drammatica fase dell’offensiva britannica.
Mentre la Divisione australiana insegue le colonne italiane in ritirata lungo il percorso costiero da Derna e Bengasi verso Agedabia, le forze residue della 7ª Divisione corazzata si lanciano in una corsa attraverso il deserto verso la costa, per tagliare loro la strada. Percorsero 270 km in 36 ore e raggiunsero la litoranea il 5 febbraio 1941, riuscendo così a precedere le colonne italiane, che vistesi tagliata la strada di fuga, il 6 febbraio lanciarono una serie di assalti ai limiti della disperazione, per riuscire ad aprirsi un varco, tutti respinti dai britannici, che tra l’altro venivano rinforzati dall’arrivo di altri reparti. Quest’ultima battaglia a Beda Fomm terminò la ritirata delle truppe italiane che si arresero il 7 febbraio 1941. I britannici catturarono 20.000 prigionieri, il generale Tellera fu ucciso e tre generali furono catturati. L’intera 10ª Armata italiana fu distrutta e i britannici poterono raggiungere El Agheila, in fondo al golfo della Sirte.
Dal 9 dicembre 1940 all’8 febbraio 1941 la Western Desert Force del generale O’Connor, al prezzo di 500 morti, 1.373 feriti e 56 dispersi, aveva catturato 130.000 soldati italiani e distrutto 845 cannoni e 380 carri armati.
Il 21 marzo 1941, con la caduta di Giarabub, ancora ad opera della Divisione australiana, l’Italia perde l’ultimo caposaldo in Cirenaica e con esso tutta la regione.
Quando il generale Erwin Rommel sbarcò in Libia, gli italiani erano in preda al più cupo sconforto. Il generale Graziani, fortemente provato e demoralizzato, era stato sostituito dietro sua stessa richiesta, dal generale Italo Gariboldi; i reparti superstiti erano attestati in Tripolitania, ma, deboli e demoralizzati, apparivano assolutamente non in grado di reggere un’ulteriore spinta britannica sulle loro posizioni e anche gli ufficiali apparivano fortemente pessimisti sulle capacità operative delle unità sotto il loro comando. D’altra parte il DAK (Deutsches Afrikakorps), il Corpo d’Armata al comando di Rommel, era stato appositamente approntato per sostenere le forze italiane ed evitarne la disfatta totale nel teatro nord-africano. Lo componevano due divisioni, una leggera equipaggiata con carri armati, e l’altra corazzata. Anche l’alto comando del Regio Esercito inviò in Nord Africa due delle sue migliori formazioni: la 132ᵃ Divisione corazzata “Ariete” e 102ª Divisione Motorizzata “Trento”.
I primi reparti sbarcarono già il 14 febbraio 1941, sotto la personale supervisione di Rommel, mentre l’11 marzo arrivò il Reggimento corazzato della 5ᵃ Divisione leggera. A questo punto Rommel intendeva dar corso all’operazione Sonnenblume, le cui direttive originarie, però, erano decisamente diverse dai suoi progetti. L’OKH (Oberkommando des Heeres – Comando supremo dell’Esercito), l’aveva inquadrata infatti solo come un’azione di blocco all’avanzata britannica, unicamente per difendere le posizioni italiane in Tripolitania; Rommel invece voleva imprimere un atteggiamento decisamente più aggressivo e intraprendente a tutta l’operazione, determinato com’era a riprendersi la Cirenaica. Tra l’altro mancava ancora la 15ᵃ Panzer Division, il cui arrivo si sarebbe completato solo a fine marzo e ciò non faceva che aumentare il dissenso degli altri comandi tedeschi rispetto ai piani di Rommel. Tali contrasti caratterizzarono tutta l’esperienza di Rommel in Nord Africa. Solo dopo l’incontro a Berlino del 19 marzo, egli ottenne il consenso da Hitler stesso per lanciare l’operazione nelle modalità che aveva in mente.
Nel fronte opposto le forze britanniche in Cirenaica, al comando del generale Wavell, erano in fase di riorganizzazione, con i resti della 7ª Divisione corazzata ritirata in Egitto per riequipaggiarsi e la divisione australiana in attesa d’imbarcarsi per essere impiegata in Grecia. Dunque quando Rommel sferrò la prima offensiva il 24 marzo 1941, i britannici ne furono totalmente sorpresi. El Agheila cadde subito, riconquistata da un solo reparto esplorante della 5ᵃ Divisione leggera, e il 30 marzo, il grosso della 5ᵃ Divisione attaccò e prese Marsa Brega, per poi dirigersi verso Aghedabia che raggiunse e conquistò il 2 aprile 1941.
A fronteggiare questa percussione c’era solo una Divisione corazzata appena arrivata in prima linea, anche debolmente equipaggiata, con una Brigata anglo-indiana nelle retrovie, che si trovò subito in estrema difficoltà; così, alla perdita di Aghedabia, il comando britannico reagì con una ritirata generale.
A questo punto Rommel, in pieno disaccordo col generale Gariboldi, decise di lanciarsi all’inseguimento dei britannici, guidando personalmente una difficile marcia attraverso le piste dell’altopiano del Gebel. Divise le sue forze in quattro colonne separate e, nonostante le grandi difficoltà logistiche a cui espose i suoi reparti, riuscì a ricongiungere le colonne tra El Mechili e Derna, catturando 2000 soldati britannici e 6 altri ufficiali.
Deciso a proseguire ancora l’offensiva, Rommel volle sfruttare lo slancio e il momento critico dei reparti britannici, muovendo subito contro Tobruk, nella cui piazzaforte era asserragliata quella ostinata Divisione australiana, a cui, per espressa volontà di Churchill, il generale Wavell aveva imposto la difesa a oltranza. Il 14 aprile 1941 Rommel si vide respingere con perdite il primo assalto, così come fallì anche il secondo portato il 16 aprile, nonostante in quest’ultimo fossero stati impiegati i primi reparti corazzati della 15ᵃ Panzer Division, appena giunti sulla linea del fronte.
La battuta d’arresto costrinse Rommel a iniziare un regolare assedio della piazzaforte di Tobruk mentre contemporaneamente inviava un distaccamento meccanizzato verso il confine libico-egiziano, che raggiunse e occupò le importanti posizioni di frontiera a Bardia, forte Capuzzo e passo di Halfaya, così da stabilire un’efficace copertura a protezione delle truppe impegnate nell’assedio di Tobruk.
Un nuovo attacco venne sferrato a Tobruk il 30 aprile, anch’esso respinto con perdite, ma stavolta sotto gli occhi del generale Friedrich Paulus inviato sul fronte appositamente per valutarne la situazione. Egli si rese immediatamente conto della grave fragilità riguardo alla logistica, raccomandando maggiore efficienza nelle linee di rifornimento. Veniva quindi consigliato di sospendere le azioni offensive, fino a quando non fossero state potenziate le fonti portuali di rifornimento a Tripoli e Bengasi, nonché rafforzata la copertura contraerea. Di fatto aveva perfettamente inquadrato la radice del futuro fallimento delle forze italo-tedesche nella spedizione africana.
Da parte britannica, nel frattempo, Churchill stava pesantemente rinforzando il suo schieramento e, mentre i nuovi reparti si stavano organizzando per divenire operativi, il generale Wavell il 15 maggio 1941 lanciò l’operazione Brevity, condotta dal generale William Gott, pensata per sferrare attacchi limitati a quelle posizioni di frontiera il cui controllo avrebbe alleggerito la pressione sulle truppe assediate a Tobruk. Con due Brigate, una corazzata e l’altra motorizzata, il generale Gott riuscì a riprendersi Sollum, forte Capuzzo e il passo di Halfaya; ma durò pochissimo. Già il giorno dopo, il 16 maggio, la 15ᵃ Panzer Division, appena giunta sul fronte, riuscì con un contrattacco sul fianco, a ribaltare la situazione, infliggendo perdite e costringendo i britannici ad abbandonare Sollum e forte Capuzzo. Il 27 maggio, poi, Rommel sferrò un altro attacco per riprendersi pure il passo di Halfaya.
I ripetuti successi delle truppe italo-tedesche, nonostante gli imponenti rinforzi britannici, avevano irritato Churchill, che premeva sul generale Wavell affinché approntasse un imponente attacco che spazzasse via il nemico dal nord Africa, ma il generale nutriva forti dubbi sulla riuscita di un offensiva in larga scala. Alla fine, però, si decise e il 15 giugno 1941 lanciò l’operazione Battleaxe,
L’attacco fu portato dalla 7ª Divisione corazzata, una divisione indiana e una brigata motorizzata lungo la linea di frontiera, ma non sorprese il generale Rommel, che, informato dell’attacco, aveva predisposto uno sbarramento lungo le posizioni favorevoli tra Halfaya e Capuzzo.
L’assalto britannico si svolse su due direttrici, una contro il forte Capuzzo, dove conseguì qualche limitato successo, e l’altra al passo Halfaya, da dove invece fu duramente respinta dallo sbarramento controcarro del capitano Wilhelm Bach. A quel punto vennero fatte intervenire le riserve meccanizzate dell’Afrikakorps per bloccare l’avanzata attraverso il deserto.
Il 16 giugno la 15ᵃ Panzer Division contrattaccò verso sud, ma venne fermata e respinta, mentre la 5ᵃ Panzer Division era riuscita faticosamente a superare la resistenza dei carri nemici, portandosi ancora più a sud. Allora il 17 giugno Rommel decide di concentrarle e spingersi ulteriormente a sud per tentare una rischiosa manovra d’aggiramento che alla fine ebbe successo, mettendo sotto seria minaccia il fianco della XIII Armata e inducendo i generali britannici a ordinare la ritirata generale.
Con questo brillante successo Rommel aveva manifestato la superiorità tattica della sua manovra e l’efficacia dell’impiego combinato tra i cannoni anticarro e le divisioni corazzate.
L’irritazione di Churchill si concretizzò in una profonda revisione della catena di comando delle forze britanniche in nord Africa, oltre che in una robusta ondata di rinforzi con mezzi nuovi e moderni, che resero l’Armata britannica una possente compagine offensiva corazzata e motorizzata, in grado di operare in grande mobilità. Inoltre, sotto la direzione del nuovo comandante generale Claude Auchinleck, anche tutta la struttura logistica venne rivista, pure con la costruzione di nuovi depositi. La profonda riorganizzazione della forze britanniche si realizzò nella creazione dell’8ᵃ Armata, che venne ufficialmente attivata il 26 settembre 1941. Churchill la voleva subito impiegata sul campo per chiudere rapidamente e in modo definitivo il teatro nord africano, ma la sua impazienza si scontrava col meticoloso lavoro del generale, cosicché la cosiddetta operazione Crusader ebbe corso solo il 18 novembre 1941.
L’idea era di portare un attacco frontale alle posizioni di frontiera, mentre la 7ᵃ armata corazzata avrebbe contestualmente operato un’ampia manovra aggirante attraverso il deserto.
Se da una parte le forze britanniche s’erano rafforzate, dall’altra la situazione del Panzergruppe Afrika si era complicata parecchio, specie per l’aggravarsi dei problemi di approvvigionamento causati dalle efficaci azioni aeronavali nemiche condotte da Malta. Oltre il 60% dei mercantili andarono perduti, pregiudicando i rifornimenti come i rinforzi. Inoltre le informazioni su un imminente attacco britannico rendevano urgenti i lavori sulle posizioni di difesa. Rommel invece rimaneva concentrato sui suoi piani per conquistare Tobruk, senza preoccuparsi più di tanto delle indicazioni sull’attacco britannico, convinto com’era di poterlo anticipare, prendendo Tobruk prima che si realizzasse.
L’offensiva britannica iniziò preceduta da un clima piovoso, che impedì alle ricognizioni aeree dell’Asse di valutare correttamente la disposizione delle forze britanniche; la 7ᵃ armata corazzata al comando del generale Gott avanzò nel deserto e, senza incontrare alcuna resistenza, raggiunse Gabr Saleh. Il generale Cunningham, al comando dell’operazione, fu sorpreso dal mancato intervento delle riserve meccanizzate tedesche e quindi il 19 novembre decise di dividere le sue brigate corazzate per ricercare il nemico nel deserto. Rommel continuò a ignorare l’avanzata nemica e i rapporti del servizio informazioni, convinto si trattasse solo di scaramucce, completamente focalizzato nel suo programmato attacco a Tobruk. La forza d’urto britannica quindi non incontrò i carri di Rommel come si aspettava Gott, ma, mentre una brigata corazzata raggiungeva con successo Sidi Rezegh a sud-est di Tobruk, l’altra attaccò Bir el Gobi dove venne duramente respinta con gravi perdite, dalla Divisione corazzata “Ariete” e dall’8º Reggimento Bersaglieri.
Solo il 20 novembre Rommel si rese conto che quella che aveva davanti era una vera offensiva. Fece entrare in azione da nord la 21ᵃ Panzer-Division (ex 5ª Divisione Leggera) e la 15ᵃ Panzer-Division dell’Afrikakorps. Fino al 23 novembre, giorno della battaglia finale a Sidi Rezegh, continuarono nel deserto confusi e aspri scontri dall’esito alterno tra i mezzi corazzati italo-tedeschi e britannici. Alla fine i reparti panzer, più abili tatticamente, ebbero la meglio, e i britannici dovettero ripiegare abbandonando le posizioni raggiunte. La minaccia immediata su Tobruk era stata fermata, ma nuovi reparti neozelandesi si stavano già avvicinando a Sidi Rezegh,
Convinto di avere inflitto una sconfitta irreversibile alle forze mobili del nemico, Rommel decise di passare a sua volta all’offensiva. Il 24 novembre raggruppò tutte le formazioni corazzate dell’Afrikakorps e dell’”Ariete” ancora operative e diresse personalmente una grande incursione in profondità verso la frontiera libico-egiziana con l’obiettivo di rincalzare le guarnigioni italo-tedesche lungo la frontiera e nella speranza di trovare i depositi di rifornimento delle forze britanniche, così da far fronte alla propria ormai cronica penuria di rifornimenti. Secondo Rommel questo sarebbe bastato a inferire un colpo mortale al morale dell’8ª Armata e dare così all’Asse una vittoria completa. In realtà questa iniziativa si rivelò un errore. Nonostante qualche successo in qualche deposito nemico, i corazzati italo-tedeschi non riuscirono a conquistare i capisaldi della fanteria britannica e subirono pure dure perdite; inoltre a causa di problemi di comunicazione il generale Rommel, impegnato personalmente nell’incursione nel deserto, perse il controllo della situazione globale che, a partire dal 26 novembre, evolse in modo sfavorevole al Panzergruppe Afrika.
Mentre gli italo-tedeschi disperdevano le loro forze nel deserto, i britannici ebbero il tempo per riorganizzare le loro unità corazzate, recuperare molti mezzi fuori uso e far avanzare le cospicue riserve disponibili; inoltre la fanteria motorizzata neozelandese, avanzando lungo la strada costiera, il 27 novembre raggiunse la zona di Tobruk e si ricongiunse con la guarnigione britannica della piazzaforte che era a sua volta passata all’attacco.
Dal 28 novembre il generale Rommel dovette interrompere la sua inutile incursione sulla frontiera e ritornare con le due indebolite Panzer-Division verso Tobruk. L’Afrikakorps fu ancora in grado entro il 2 dicembre di contrattaccare e battere i neozelandesi a Sidi Rezegh, bloccando nuovamente la guarnigione della piazzaforte, ma ormai i panzer disponibili erano ridotti a poche decine, mentre le forze corazzate britanniche, riorganizzate e rinforzate, erano molto più numerose e si stavano raggruppando nella zona di Bir el Gobi per attaccare da sud. Il 5 dicembre i britannici riaprirono i collegamenti con Tobruk; infine, dopo un’ultima battaglia di carri, i mezzi corazzati tedeschi, privi dell’appoggio delle indebolite forze mobili italiane, dovettero ritirarsi.
Il 7 dicembre il generale Rommel decise di abbandonare il campo di battaglia e ripiegare sulla linea di Ain el-Gazala, in aperto contrasto con i generali italiani, ma ormai il grave indebolimento delle forze e la strutturale carenza dei rifornimenti rendevano impossibile tenere la linea di Gazala.
Il 16 dicembre 1941, dopo alcuni contrattacchi per rallentare l’inseguimento delle truppe britanniche, Rommel ordinò la ritirata attraverso la Cirenaica, riportando il fronte sulla linea di El Agheila.
Le guarnigioni italo-tedesche, rimaste assediate sulla linea di confine, erano ormai spacciate.
Con la conclusione dell’operazione Crusader termina anche il periodo trattato in North Africa ’41 e con esso anche il nostro articolo.
Prima di chiudere, però, va segnalato un terzo gioco in griglia dedicato al Nord Africa: Rommel in the Desert, una vecchia gloria pubblicata nel lontano 1982 dalla Columbia Games, scritta da Craig Besinque.Il sistema di gioco è il Columbia Games Block, che si avvale di blocchi di legno con l’effige dell’unità rappresentata, rivolta verso il giocatore che la controlla.
Questo sistema, oltre a raffigurare la “nebbia di guerra”, dà la possibilità di classificare la forza delle unità in quattro valori, uno per lato, rispetto ai due delle classiche pedine fronte retro.
Tale semplice soluzione corrisponde in modo immediato, sia l’impossibilità di architettare piani perfetti, costruiti su rapporti di forza certi, sia un maggiore dettaglio dell’entità delle perdite inflitte e subite.
L’incertezza logistica è affidata ad un sistema Card Driven, che anche qui tiene sospesi i giocatori quando devono dar corso ad una qualsiasi operazione.
Come i due titoli precedenti, anche questo pone il focus di tutta l’esperienza di gioco sulla guerra di nervi che si instaura fra le due parti in campo, in modo da consegnare ai giocatori la tensione che pervadeva ogni decisione che veniva presa, spesso basata su ipotesi e speranze, piuttosto che su certezze. Quindi anche sul tavolo, come nella campagna nel deserto che fu il Nord Africa, le qualità che svolgono un ruolo fondamentale per condurre al successo le proprie truppe saranno la lungimiranza, il coraggio e l’istinto.
Visto che Rommel in the Desert uscì nove anni prima di The Legend Begins, è lecito pensare che anche Mark Simonitch ne sia stato in parte ispirato…
Ed ora tutti al Raduno!